lunedì 18 marzo 2013

La Trieste di Italo Svevo

Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo Trieste, da molti anni dominio dell’impero austro-ungarico, conobbe un periodo di grande sviluppo economico e culturale grazie sia alla sua posizione strategica di luogo di confine, costituendo lo sbocco marittimo principale dell’impero, sia all’intensificarsi dei commerci e dei conseguenti cospicui investimenti dell’alta finanza viennese, che portarono ad un’intensa attività economica a cui corrispose un’altrettanto florida attività sociale e culturale, facendo di Trieste il crocevia di popoli e culture, una vera e propria capitale mitteleuropea in grado di raccogliere le sollecitazioni e le correnti innovatrici del pensiero occidentale moderno.

Varie e diversificate erano le componenti etniche di una città "cosmopolita" come Trieste: maggioranza italiana, proletariato sloveno, minoranza elitaria tedesca e comunità israelita.
In questo clima multietnico caratterizzato da un grande fervore culturale si colloca l’incontro di Svevo con il grande scrittore irlandese James Joyce, con il quale nacque non solo un sodalizio letterario, ma anche un rapporto di sincera stima ed amicizia ed al cui intervento critico Svevo dovette gran parte del suo successo a livello europeo.

La vicinanza sia fisica che culturale con l’Italia contribuì a diffondere nella città un accentuato irredentismo, alimentato in modo particolare dall’emergente classe borghese, ma soffocato dalle ambizioni espansionistiche dell’impero. Tali aspirazioni, condivise da Italo Svevo fin dai primi suoi articoli pubblicati a partire dal 1880 sul giornale irredentista triestino “L’Indipendente”, trovarono compimento a seguito della Prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell’impero austro-ungarico e la conseguente annessione del territorio triestino allo Stato italiano a seguito del Trattato di Rapallo del novembre 1920.

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