sabato 16 marzo 2013

Eugenio Montale, "La coscienza di Zeno"

Nasce cosi il romanzo moderno, un romanzo da accettarsi non per questo o quel frammento, ma da accogliersi come organismo, in funzione di vita e di umanità; il libro fatto di parole dette da uomo a uomo e nelle quali la nostra vita di tutti i giorni possa riconoscersi con immediata rispondenza. Il libro non si risolve in lirica pura, non addita personaggi-simbolo e non pretende di imporre sistemi di vita sbalorditivi. La Coscienza di Zeno è l’apporto della nostra letteratura a quel gruppo di libri, ostentatamente internazionali che cantano l’ateismo sorridente e disperato del novissimo Ulisse: l’uomo europeo. Le borghesi figure di Svevo sono ben cariche di storia inconfessata, eredi di mali e di grandezze millenarie, scarti ed outcasts di una civiltà che si esaurisce in se stessa e si ignora. L’imbecillità dei personaggi di Svevo è dunque un carattere proprio dei protagonisti di cotesta nostra epoca turbinosa. Questo Zeno è stato chiamato un romanzo di psicoanalisi caricaturale e il suo protagonista è una sorta di Charlot borghese. Ma come esiste un’altra faccia di Charlie Chaplin (e non gaia), così c’è un fondo ne La Coscienza di Zeno, un sottosuolo doloroso e squallido: in questo presentare il riso e il pianto come la doppia faccia di una sola medaglia, in tale rischiosa, sempre pericolosa e sempre rinnovata coincidenza di opposti.

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