giovedì 21 marzo 2013

Perché leggere i classici: una prima riflessione

I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume).

Italo Calvino, Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 1995

Contesto storico: Prima guerra mondiale

Lo scoppio della Prima guerra mondiale rappresentò per l’Europa un momento cruciale destinato a mutare irrevocabilmente gli equilibri internazionali. L’occasione fu l’assassinio a Sarajevo dell’erede al trono imperiale Francesco Ferdinando da parte di un dissidente serbo, fatto che spinse l’impero austro-ungarico a dichiarare guerra alla Serbia.

Il conflitto vide contrapposti gli imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) alle potenze della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia). L’Italia, inizialmente neutrale, vide poi prevalere sulla maggioranza parlamentare contraria alla guerra guidata da Giovanni Giolitti il partito interventista dei nazionalisti-irredentisti, che fece emergere la figura del socialista trentino Cesare Battisti.

Nell’aprile 1915 con il Patto di Londra sottoscritto in gran segreto sotto il governo Salandra, l’Italia decise di schierarsi a fianco della Triplice Intesa e nel novembre 1918, a seguito della vittoria delle potenze alleate, l'Europa assistette alla dissoluzione dell'impero austro-ungarico e l'Italia portò a compimento il lungo processo di Risorgimento nazionale con l’annessione delle terre irredente di Trento e Trieste.

mercoledì 20 marzo 2013

Contesto storico: Fasci italiani di combattimento (23 marzo 1919)

Il 23 marzo 1919, nella sala riunioni Circolo dell'Alleanza Industriale, in piazza San Sepolcro a Milano, furono ufficialmente fondati i Fasci italiani di combattimento.
Il futuro Duce prevedeva l'attuazione di uno specifico "Programma di San Sepolcro" (dal nome della piazza in cui fu proclamato). I primi appartenenti ai Fasci si chiamarono appunto sansepolcristi, fregiati di una fascia giallorossa (i colori di Roma); gli squadristi semplici invece erano riconoscibili da una striscia rossa al polso della camicia nera.
I locali della prima sede a Milano furono affittati dall'Associazione lombarda degli industriali, presieduta da Cesare Goldmann, un industriale a cui venne pagato regolare affitto. La sede era caratterizzata da simboli degli arditi, che diverranno comuni nell'iconografia fascista: il pugnale, il gagliardetto degli arditi, il teschio. Il simbolo dell'organizzazione è il fascio littorio, dall'antica Roma, così come molti altri simboli del regime si richiamano alla storia romana.

Il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento fu ufficialmente pubblicato su Il Popolo d'Italia il 6 giugno 1919. Qui vengono avanzate numerose proposte di riforma politica e sociale, per far "fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra", rappresentando la "terza via" tra i due opposti poli e sviluppandosi nell'ambito delle teorie moderniste sull'"Uomo nuovo".
I Fasci riunirono cittadini italiani accomunati dallo scopo di fermare l'attività bolscevica. La maggior parte dei partecipanti della prima ora furono reduci interventisti della prima guerra mondiale. Molti di loro avevano precedentemente militato in formazioni di sinistra (socialisti, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari).

Brano tratto da Wikipedia (licenza CC BY-SA 3.0)

Contesto storico: marcia su Roma (28 ottobre 1922)

La marcia su Roma fu una manifestazione armata organizzata dal Partito Nazionale Fascista (PNF), guidato da Benito Mussolini, il cui successo ebbe come conseguenza l'ascesa al potere del partito stesso in Italia ed il dissolvimento definitivo dello Stato liberale, già precedentemente in crisi.
Il 28 ottobre 1922, alcune decine di migliaia di militanti fascisti si diressero sulla capitale rivendicando dal sovrano la guida politica del Regno d'Italia e minacciando, in caso contrario, la presa del potere con la violenza. La manifestazione eversiva si concluse con successo quando, il 30 ottobre, il re Vittorio Emanuele III cedette alle pressioni dei fascisti e decise di incaricare Mussolini di formare un nuovo governo.

Brano tratto da Wikipedia (licenza CC BY-SA 3.0)

Contesto sociale: egemonia della borghesia e riformismo

Giunta al potere attraverso la conquista dello Stato unitario, la borghesia italiana accantona la questione contadina e svolge la sua azione in base allo sviluppo economico determinante delle città settentrionali e alle loro articolazioni capitalistiche. In esse e a Firenze erano gli istituti moderati che avevano consentito anche l'accentramento finanziario e burocratico delle prime due capitali del Regno, nuovo ma in ritardo nei confronti delle altre nazioni.
L'egemonia borghese, che ha come base le concentrazioni urbane industriali, giustifica la scelta settentrionale dello sviluppo trainante con la necessità della modernità dello sviluppo stesso. Conseguentemente la borghesia attua una legislazione protezionistica che accresce il lavoro e la prosperità del settentrione impoverendo città e campagne del Mezzogiorno.
L'unità avveniva sulla base della diseguaglianza, e il ribellismo e la lotta dei contadini che chiedevano la terra vennero criminalizzati come brigantaggio; più tardi la disuguaglianza delle popolazioni meridionali sarà teorizzata dai sociologi borghesi come incapacità organica delle popolazioni stesse, il Mezzogiorno sarà interessatamente considerato una «palla di piombo» per l'Italia.

Brano tratto dal portale Storiadellaletteratura.it (licenza BY-NC-ND 3.0)

Contesto sociale: fenomeno del brigantaggio

Per brigantaggio si suole definire una forma di banditismo caratterizzata da azioni violente a scopo di rapina ed estorsione, ma che ha avuto, in altre circostanze, risvolti insurrezionalisti a sfondo politico e sociale.
Sebbene il fenomeno abbia origini remote ed abbia interessato periodi storici e territori diversi, nella storiografia italiana, con questo termine, ci si riferisce, generalmente, alle bande armate presenti nel Mezzogiorno fra la fine del XVIII secolo e il primo decennio successivo alla proclamazione del Regno d'Italia. In particolare, l'attività brigantesca assunse connotati politici e religiosi con le sollevazioni sanfediste antifrancesi, fu duramente repressa in epoca napoleonica, borbonica e risorgimentale, allorquando, dopo essersi sviluppata ulteriormente, si contrappose alle truppe del neonato Stato italiano.
In questa fase storica, all'interno o al di fuori delle bande, agirono, mossi anche da motivazioni di natura sociale e/o politica, gruppi di braccianti ed ex militari borbonici.

Brano tratto da Wikipedia (licenza BY-SA 3.0)

Contesto filosofico: influssi sul pensiero di Italo Svevo

Arthur Schopenhauer:
- voluntas/noluntas
- scetticismo e pessimismo sociale
- caducità dei desideri umani e coscienza dell'autoinganno
Da Schopenhauer, letto e studiato da Svevo già durante il periodo trascorso presso il collegio di Segnitz, deriva la percezione che “solo la vita profonda dell’io è reale”. Da ciò l’attenzione estrema per l’indagine dell’io, in un continuo scavo analitico e l’inettitudine a vivere, il perenne contrasto tra “lottatore” e “contemplatore”, rispettivamente l’uno destinato a prevalere, l’altro a soccombere. Svevo esprime in tal modo la crisi esistenziale dell’uomo novecentesco, incapace di ritagliarsi un ruolo adeguato all’interno di una società alienante, fondata unicamente sui valori economici, sulla ricerca del successo, sulla massificazione dell’individuo.

Charles Darwin:
- lotta per l'esistenza
- leggi della selezione naturale
- inettitudine dell'uomo
Da Darwin Svevo riprende il concetto di lotta per l’esistenza, l’interesse per le leggi della selezione naturale de del determinismo, teoria secondo la quale il comportamento umano è dovuto a leggi immutabili. Ma l’idea centrale già mutuata da Schopenhauer resta quella dell’inettitudine dell’uomo, che Svevo vede, con radicale pessimismo, inevitabilmente costretto a una ricerca senza sbocchi e senza speranza.

Karl Marx:
- polemica antiborghese e anticapitalistica
- socialismo rivoluzionario
Svevo si riallaccia al materialismo storico di Marx, anche se non sembra credere all'idea di un possibile miglioramento sociale. Del marxismo Svevo riprese, quindi, l'atteggiamento critico verso la società borghese, ma non condivise le alternative politiche proposte alla realtà esistente e preferì prospettive di tipo utopistico.

Friedrich Nietzsche:
- critica spietata dei valori borghesi
- pluralità dell'io

Sigmund Freud:
- demistificazione delle razionalizzazioni
- psicoanalisi come tecnica di conoscenza
Nel romanzo “La coscienza di Zeno” Svevo critica la tecnica psicoanalitica intesa come cura, ritenendo la psicoanalisi una tecnica di conoscenza, più utile quindi agli scrittori piuttosto che ai medici e ne sottolinea la sua avversione con molti avvenimenti, tematiche e stratagemmi presenti all’interno del libro.

martedì 19 marzo 2013

Contesto letterario: decadentismo

Nella seconda metà dell’800 si sviluppò in Francia una corrente culturale destinata ad influire su tutta la letteratura del 900: il Decadentismo, il cui maggior teorico puo' essere considerato Paul Verlaine.

All'inizio del XX secolo lo scrittore entra in crisi familiare vedendo fallire i propri obiettivi di guida che aveva durante il Romanticismo e nel poter risolvere i mali della società. Si sente emarginato e si ripiega in se stesso divenendo protagonista di una serie di esperienze che lo fanno sentire "vittima" per la sua incapacità di impegnarsi nella società. Gli artisti perdono così la loro fiducia nella ragione e si lanciano verso un mondo misterioso che si trova dietro lo sportello della realtà vera e tra loro si diffonde un senso di sconfitta.

In Italia si è soliti individuare due periodi distinti di decadentismo: il primo, di cui facevano parte D'Annunzio, Pascoli e Fogazzaro, ancora caratterizzato dalla necessità di costruire miti decadenti. Al contrario nel secondo, di cui occorre ricordare in particolare Pirandello, Svevo e Siciliani, la coscienza della crisi è ormai acquisita e la realtà viene sottoposta ad una critica molto lucida e distruttiva.
br> Il termine "Decadente" fu, in origine usato in senso dispregiativo, per indicare giovani poeti che vivevano fuori dalle norme comuni, considerati appunto simboli di una "decadenza sociale" che disprezzava il progresso e la fede nella scienza del positivismo. Più tardi passò a designare la dilagante "decadenza" della società materialista di fine secolo, orientata verso l'esaltazione delle conquiste tecnologiche e alla quale gli intellettuali si sentivano estranei. Essi, infatti, si considerano decadenti, con un atteggiamento di superiorità spirituale, in quanto inclini a cogliere i segni della raffinatezza e dell'eleganza intellettuale delle epoche e periodi di "decadenza" rispetto al normale.

Brano in parte tratto da Wikipedia (licenza CC BY-SA 3.0)

Crisi del romanzo ottocentesco

Nei primi trent'anni del Novecento il romanzo europeo si rinnova radicalmente e produce alcuni capolavori che, pur nelle diversità che li caratterizzano, presentano dei tratti comuni. Rispetto alla rivoluzione del linguaggio e dei contenuti proposta dalle Avanguardie, gli autori di questi romanzi esprimono la profonda coscienza della crisi dell'universo borghese rappresentandola dall'interno nelle sue contraddizioni più profonde. Non si tratta quindi di una letteratura "di rottura", ma piuttosto di un nuovo modo di narrare che sovverte in profondità, corrodendole dall'interno, le strutture più tradizionali del romanzo ottocentesco. Questo era caratterizzato dal realismo, dal ritmo serrato degli eventi narrati, dalla presenza di un narratore esterno onnisciente, dalla chiarezza del linguaggio. Ora invece i romanzieri intendono esprimere il profondo disagio del soggetto davanti alla realtà, che non può più essere indagata nelle sue precise determinazioni spazio-temporali, ma che appare spesso confusa, contraddittoria, inconoscibile come la stessa psiche dell'individuo. Le novità del romanzo della crisi si possono quindi riassumere come segue:
- la narrazione diviene "soggettiva", condotta in prima persona da un personaggio interno alla vicenda, spesso il protagonista;
- la trama trascura fatti storici ed eventi collettivi per focalizzarsi sulle vicende individuali del protagonista, vicende che vengono sviscerate nei loro minimi dettagli;
- il ritmo della narrazione cambia, spesso dilatando i tempi della storia, e diventa così difficile distinguere tra i momenti "descrittivi" e quelli più propriamente "narrativi";
- anche il linguaggio si trasforma radicalmente e, seguendo i percorsi della mente del narratore, mira più all'espressione che alla comunicazione, anche a costo di diventare complesso e poco leggibile;
- in tal senso la tecnica più innovativa è quella del cosiddetto "flusso di coscienza", cioè la riproduzione dei pensieri del narratore attraverso l'uso del "monologo interiore", discorso intimo non governato dalla razionalità, ma costruito sulle libere associazioni mentali.

Brano tratto dal portale Parodos

lunedì 18 marzo 2013

Biografia di Italo Svevo

Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz) nasce a Trieste nel 1861. Nel 1880, a causa di dissesti economici familiari, è costretto ad impiegarsi in una banca, dove lavora per circa un ventennio. Nel 1890 fa uscire a puntate, su “L’Indipendente”, la sua novella “L’assassinio di via Belpoggio”. Il 1892 è l’anno in cui esordisce nel romanzo con “Una vita”, che passa totalmente inosservato: sorte non migliore tocca, nel 1898, a “Senilità”.

Deluso dall’accoglienza riservata ai suoi scritti, sceglie di chiudersi in un silenzio destinato a durare a lungo. Nel 1899, dopo il matrimonio con Livia Veneziani, entra come socio nella ditta commerciale del suocero. E’ del 1905 l’inizio della sua frequentazione con James Joyce, che a Trieste vive insegnando l’inglese. Nel 1923 esce “La coscienza di Zeno”, che Joyce fa conoscere all’italianista Valéry Larbaud ed è positivamente recensito nel 1925 da Montale su “L’Esame”. E’ il preludio al pieno riconoscimento della statura dello scrittore, suggellato da articoli del già citato Larbaud e di Benjamin Crémieux. Nel 1927 viene pubblicata la novella “Vino generoso” e nel 1928 la raccolta di racconti “Una burla riuscita”: lo stesso anno, Svevo muore per un incidente d’auto.

“Un inetto” avrebbe dovuto essere il primo titolo di “Una vita”: e inetti appaiono i protagonisti dei tre grandi romanzi sveviani. L’Alfonso Nitti di “Una vita”, l’Emilio Brentani di “Senilità”, lo Zeno Cosini de “La coscienza di Zeno” sono, in primo luogo, incapaci ad affrontare la realtà: soprattutto i primi due (ché in Zeno la coscienza della propria inadeguatezza è lucida, egli è in grado di diagnosticare la propria malattia morale ed è consapevole degli artifizi ai quali fa ricorso per sfuggire ad essa) eludono sistematicamente la realtà, ingannano se medesimi per evitare di registrare la propria sconfitta.

Sotto il profilo stilistico, partendo da moduli veristici e naturalistici (derivanti dai grandi scrittori della tradizione realistica: Balzac, Flaubert, Maupassant), Svevo si sposta progressivamente verso una forma narrativa che - sulla scorta delle intuizioni di Freud, l’opera del quale il Nostro ha ben presente - frantuma i piani temporali e sposta la rappresentazione dalla visione “oggettiva” del narratore a quella “soggettiva” del protagonista. Non siamo lontani dal “flusso di coscienza” joyciano: ed è proprio questa originalità che fa di Svevo l’autore nostrano che meglio s’inserisce - assieme a Pirandello - nella schiera dei maggiori del ‘900 europeo, tra Joyce e Proust, Musil e Kafka.

Brano tratto dal portale ITALICA - RAI Internazionale (materiali utilizzabili a soli scopi didattici)

Studi giovanili di Italo Svevo: testimonianza del fratello Elio

Schiller e Goethe furono i suoi più grandi amici al tempo che fu in collegio. [...] I classici tedeschi furono da lui tutti studiati e cercò di approfondirsi il più possibile in essi. [...] Io vedeva con dispiacere che esso s'affezionava tanto alla letteratura tedesca, tralasciando affatto la letteratura italiana.

Diario di Elio Schmitz, in Lettere a Italo Svevo. Diario di Elio Schmitz, a cura di B. Maier, Milano, Dall'Oglio, 1973, p. 246

Origini e formazione culturale di Italo Svevo

Aron Hector Schmitz (in arte Italo Svevo) era di famiglia triestina di origini ebraiche: il padre, commerciante ebreo, era originario della regione tedesca della Renania (il nonno Adolfo era stato funzionario imperiale austriaco), la madre italiana. Il padre Francesco selezionò per i figli strutture gestite da insegnanti ebrei, prima la scuola elementare, poi un istituto commerciale, fino alla scelta di un collegio a Segnitz, in Germania, nel quale il giovane Hector insieme ai fratelli Elio e Adolfo trascorse quattro anni, per iniziarvi gli studi commerciali ed apprendere correttamente il tedesco, lingua indispensabile per ogni commerciante triestino. Svevo si accostò, quindi, alla lingua e alla cultura tedesca, esperienza che influì sulla sua identità culturale e sull'adozione del suo pseudonimo: Italo a sottolineare la sua scelta culturale di adottare la lingua italiana nei suoi scritti, Svevo come richiamo alle sue origini e alla sua educazione tedesca.
In questi anni si avvicinò alla lettura di grandi autori della letteratura tedesca, in modo particolare Schiller, Goethe e Heine.
Al suo rientro a Trieste nel 1878 venne iscritto all'Istituto Superiore di Commercio "Pasquale Revoltella", che godeva di grande serietà e rigore educativo e culturale con l’intento di avviarlo ad una carriera di tipo imprenditoriale.
Nel 1896 sposò Livia Veneziani, figlia di un facoltoso industriale triestino, all’interno della cui azienda Svevo raggiunse compiti di responsabilità fino ad arrivare ad incarichi dirigenziali.
In questi anni si dedicò alla lettura dei grandi naturalisti francesi, in special modo Zola e Flaubert, a cui affiancò lo studio di un grande filosofo tedesco che influì in modo determinante sul suo pensiero: Arthur Schopenhauer, da cui ereditò una concezione pessimistica dell’uomo e delle sue possibilità oggettive di conoscenza della realtà.

La Trieste di Italo Svevo

Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo Trieste, da molti anni dominio dell’impero austro-ungarico, conobbe un periodo di grande sviluppo economico e culturale grazie sia alla sua posizione strategica di luogo di confine, costituendo lo sbocco marittimo principale dell’impero, sia all’intensificarsi dei commerci e dei conseguenti cospicui investimenti dell’alta finanza viennese, che portarono ad un’intensa attività economica a cui corrispose un’altrettanto florida attività sociale e culturale, facendo di Trieste il crocevia di popoli e culture, una vera e propria capitale mitteleuropea in grado di raccogliere le sollecitazioni e le correnti innovatrici del pensiero occidentale moderno.

Varie e diversificate erano le componenti etniche di una città "cosmopolita" come Trieste: maggioranza italiana, proletariato sloveno, minoranza elitaria tedesca e comunità israelita.
In questo clima multietnico caratterizzato da un grande fervore culturale si colloca l’incontro di Svevo con il grande scrittore irlandese James Joyce, con il quale nacque non solo un sodalizio letterario, ma anche un rapporto di sincera stima ed amicizia ed al cui intervento critico Svevo dovette gran parte del suo successo a livello europeo.

La vicinanza sia fisica che culturale con l’Italia contribuì a diffondere nella città un accentuato irredentismo, alimentato in modo particolare dall’emergente classe borghese, ma soffocato dalle ambizioni espansionistiche dell’impero. Tali aspirazioni, condivise da Italo Svevo fin dai primi suoi articoli pubblicati a partire dal 1880 sul giornale irredentista triestino “L’Indipendente”, trovarono compimento a seguito della Prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell’impero austro-ungarico e la conseguente annessione del territorio triestino allo Stato italiano a seguito del Trattato di Rapallo del novembre 1920.

domenica 17 marzo 2013

Italo Svevo e la passione per la letteratura

Italo Svevo coltivò la sua passione per la letteratura cominciando a collaborare con la redazione di giornali triestini e scrivendo racconti prima di dedicarsi alla strada del romanzo. Non fu uno scrittore "professionista", ma si avvicinò alla letteratura come "dilettante", più per pura passione che per ottenerne prestigio o successo.

Dal punto di vista letterario, la Trieste austro-ungarica di Italo Svevo, caratterizzata da un forte irredentismo, appariva più legata alla civiltà mitteleuropea che alle correnti letterarie italiane del tempo.
Contemporaneo di D'Annunzio e Pirandello, arrivarono tutti e tre maturi al Novecento, pur partecipando in modo del tutto diverso e personale alla spinta di rinnovamento che caratterizzò il nuovo secolo.

Dopo l'insuccesso dei primi due romanzi, "Una vita" (1892) e "Senilità" (1898), disilluso da questa attività che non lo aveva ripagato in alcun modo del suo lavoro e della sua passione (dopo il fiasco di "Senilità" dirà "Ho eliminato dalla mia vita quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura"), costretto al silenzio viaggiò molto per l'Europa, occupandosi degli affari della ditta del suocero e rivelandosi un attento e ferrato imprenditore; tornò al vecchio amore per la letteratura solo dopo la fine della Prima guerra mondiale, ma avvicinandosi al romanzo in modo del tutto innovativo rispetto al passato. Con "La coscienza di Zeno" riscosse un insperato successo di critica e di pubblico, ma non ebbe molto tempo per assaporare il gusto di questa soddisfazione personale, in quanto nel 1928 morì a seguito di un incidente stradale che aggravò la sua già precaria situazione cardiaca.

Poetica e stile di Italo Svevo

Poetica
Per Svevo la letteratura deve essere il recupero e la salvaguardia della Vita: l’esistenza che viene vissuta e raccontata è sottratta al flusso del tempo e ai suoi effetti devastanti. Influsso fondamentale ebbe lo studio delle teorie di Freud e della psicanalisi. Secondo Svevo la nevrosi è il segno positivo del rifiuto dell’uomo di sottomettersi alla civiltà moderna. Nasce così la figura dell’ammalato che non riesce ad uniformarsi e ad adattarsi alla società e che la psicanalisi vuole inutilmente cercare di guarire, senza rendersi conto che esso è l’essere umano autentico. Venne influenzato da autori veristi quali Verga, Zola e da autori come Bourget (ideatore del romanzo psicologico) e Dostoevskij. Anche opere di letteratura inglese come quelle di Sterne e Swith ebbero un importante ruolo nella sua formazione culturale. Infine le sue opere risentirono dell’influsso del flusso di coscienza di Joyce. Secondo alcuni critici fu di fondamentale importanza l’influenza della filosofia di Schopenhauer nella formazione di Svevo. Dal filosofo tedesco Svevo riprese l’idea di Voluntas, forza cieca che ci spinge a vivere. Il filosofo divide gli uomini in Lottatori e Contemplatori: i primi sono coloro che si lasciano trasportare da tale volontà e che rinunciano alla lotta, mentre i secondi sfruttano la loro coscienza razionale per opporsi alla Voluntas. Svevo definì i primi Sani, che affidandosi alla Voluntas assicurano la sopravvivenza della specie, e i secondi Malati. Infatti la libertà ottenuta dalla Voluntas conduce ad uno stato di inettitudine e alla conseguente malattia. Da notare è anche l’interpretazione che lo scrittore italiano dà alla teoria evoluzionistica darwiniana: secondo il suo punto di vista non sono i più forti a sopravvivere, ma i malati, gli inetti. Infatti sono questi ultimi che, grazie alla loro costante inquietudine, sono in grado di adattarsi più facilmente agli eventuali cambiamenti del mondo che li circonda.

Poetica del faro e della formica
Per Svevo sono due i momenti costruttivi dell’arte letteraria. Il primo momento, a priori, è costituto dall’ispirazione e all’intuizione dei dati e degli oggetti reali. Tale intuizione è chiamata dallo scrittore “sentimento”. Il secondo momento, a posteriori, è costituito dalla riflessione sui dati, grazie alla quale gli oggetti non sfuggono dalla mente dello scrittore. Questa concezione è spiegata da Svevo con l’immagine del faro e della formica: la luce del faro, come l’ispirazione dell’artista, illumina per un momento con la sua luce intermittente. La formica, come il poeta che riflette, approfitta di questo momento di luminosità per trovare la strada che porta al faro. Gli obiettivi dell’artista sono tre: - oggettivazione dei dati soggettivi - recupero e salvaguardia dell’esistenza mediante la letteratura - la valorizzazione dell’inettitudine vista non come malattia ma come condizione privilegiata per la difesa della vita. La scrittura diventa la sola terapia contro la malattia dell’individuo nel mondo.

Caratteri delle opere di Svevo
Le tre opere di Svevo presentano l’investigazione degli autoinganni, cioè degli alibi morali, delle razionalizzazioni che nascono e degli impulsi inconsci della mente umana. Nelle prime due opere (“Una vita” e “Senilità”) il narratore assume il ruolo di un giudice esterno al piano narrativo e la voce narrante interviene con giudizi che sottolineano la differenza tra i fatti reali e a coscienza che il protagonista ha di tali avvenimenti. Questo distacco non si trova nella “Coscienza di Zeno” nella quale il narratore e la coscienza del protagonista coincidono. In tutti e tre compare la figura dell’Inetto, che nei primi due libri è un letterato piccolo borghese insoddisfatto della propria posizione, mentre nel terzo l’inetto appartiene al mondo della finanza e del commercio ed è contento della propria situazione sociale.

Lo stile
Nel romanzo “Senilità” la focalizzazione è interna e fissa quando il protagonista analizza se stesso. In alcuni casi il protagonista smette di essere il narratore e si passa ad una narrazione in terza persona e il narratore interviene suggerendo un punto di vista diverso da quello del protagonista. Ne “La coscienza di Zeno” la narrazione segue il flusso dei ricordi del protagonista mediante analessi, digressioni, prolessi e distacco netto tra fabula (eventi in ordine cronologico e logico) e intreccio (eventi nell’ordine deciso dall’autore). Esiste un doppio Io narrante: il personaggio Zeno fornisce giustificazioni alle proprie azioni, mentre il narratore Zeno le pone in discussione. L’Io narratore racconta seguendo il flusso dei suoi ricordi (monologo interiore, flusso di coscienza, discorso indiretto e libera associazione di idee) e si distacca dallo Zeno personaggio mediante l’uso dell’ironia. I tempi verbali utilizzati sono di diverso tipo:
  • tempi storici: rievocazione
  • tempo presente: narrazione
  • tempo condizionale: giudizio dell’Io

Lingua
La lingua utilizzata da Svevo risente dell’influsso del tedesco da lui studiato in gioventù, e per questo appare con una struttura appartenente a diverse lingue. Il suo punto di forza è l’antiletterarietà. Il protagonista non usa la lingua pura della letteratura classica ma quella sfasata, che vuole rappresentare il linguaggio non definito della coscienza.

Brano tratto dal portale NonMistampi.com. Risorse per l'apprendimento (licenza CC BY-NC-SA)

Eugenio Montale, Lo stile di Italo Svevo

Sarebbe un errore credere che Svevo guadagni qualcosa letto nelle traduzioni. In queste va perduta quella che direi la sclerosi dei suoi personaggi. Svevo vi appare elegante, mentre era faticoso e profondo, invischiato e liberissimo, scrittore di tutti i tempi ma triestino dei suoi difficili anni. Meglio dunque aggiungere qualche virgola, alleggerire qualche anacoluto ma lasciare a Svevo la musica che fu sua.

Umberto Saba, La lingua di Italo Svevo

Svevo poteva scrivere bene in tedesco; preferì scrivere male in italiano. Fu l’ultimo omaggio al fascino assimilatore della “vecchia” cultura italiana. E’ la storia dell’amore - prima della “redenzione” di Trieste- per l’Italia.
Umberto Saba, Scorciatoie e raccontini

Claudio Magris, Italo Svevo

Svevo appartiene a quella generazione di scrittori nella quale si compie, con risultati di altissima poesia, la fondamentale rivoluzione della letteratura moderna, ossia la disarticolazione della totalità e del grande stile e dell’ordine che essi impongono al mondo con imperiosa armonia... Svevo è lo scrittore che forse più di ogni altro ha compreso il crepuscolo del soggetto, la sua eclisse. Ma se ciò fa di lui uno dei padri dell’avanguardia, egli è anche lo scrittore dell’intervallo e del sottaciuto, del non-detto e della pausa; è un maestro in quell’arte della reticenza e del taciuto che si identifica col grande stile.

"Una vita": trama

Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie frustrate. Vive una relazione con Annetta Maller, figlia del proprietario della banca. Sposando Annetta, potrebbe veder realizzate le proprie ambizioni, ma Alfonso, preso dall'inettitudine, fugge al paese natale, dove trova la madre gravemente ammalata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo modus vivendi, che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto ripreso da queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede Annetta e le scrive una lettera, questa però è promessa sposa a suo cugino Macario. Annetta non risponderà a questa lettera. Nel frattempo il fratello di Annetta sfida a duello Alfonso. Il protagonista preferisce suicidarsi col gas, conscio del proprio fallimento.

Brano tratto da Wikipedia (voce Italo Svevo)

"Senilità": trama

Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore, che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a "divertirsi" con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene. Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un appuntamento con l'amata. Dopo la morte della sorella Amalia, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una Banca. Anni dopo, nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il carattere della sorella.

Brano tratto da Wikipedia (voce Italo Svevo)

sabato 16 marzo 2013

"La coscienza di Zeno": trama

II romanzo si apre con la Prefazione, lo psicoanalista "dottor S." induce il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante triestino, a scrivere un'autobiografia come contributo al lavoro psicoanalitico. Poiché il paziente si è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per vendicarsi pubblica il manoscritto. Nel preambolo Zeno racconta il suo accostamento alla psicoanalisi e l'impegno di scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed episodi. Il fumo racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà.

In La morte di mio padre è raccontato il difficile rapporto di Zeno con il padre, che culmina nello schiaffo dato dal genitore morente al figlio.

In La storia del mio matrimonio Zeno si presenta alla ricerca di una moglie. Frequenta casa Malfenti e si innamora della più bella tra le quattro figlie del padrone di casa, Ada; dopo essere stato respinto, cerca invano di conquistare la mano di un'altra Malfenti, Alberta. Costei tuttavia non si sente pronta al matrimonio e preferirebbe dedicarsi solamente allo studio. A questo punto Zeno si dichiara a un'altra delle ragazze, la materna e comprensiva Augusta, che gli concede il suo amore pur sapendo di non essere la prima scelta.

Nel capitolo La moglie e l'amante, Zeno rievoca la relazione con Carla; egli non sa decidersi fra l'amore per la moglie e quello per l'amante finché è quest'ultima a troncare il rapporto.

Il capitolo Storia di un'associazione commerciale è incentrato sull'impresa economica di Zeno e del cognato Guido. Sull'orlo del fallimento, Guido inscena un suicidio per impietosire i familiari e farsi concedere prestiti, ma muore sul serio. Ada per il dolore della perdita del marito e resa, inoltre, non desiderabile a causa di una malattia (Morbo di Basedow) abbandona Trieste, accusando Zeno di aver odiato il marito e di essergli stato accanto, assiduo, in attesa di poterlo colpire.

Qui terminano i capitoli del memoriale. Zeno, abbandonato lo psicoanalista, scrive un altro capitolo, intitolato Psico-analisi. Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: "La vita attuale è inquinata alle radici"; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione di salute.

Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere "guarito" perché è un uomo ricco e di successo (conclusione a lieto fine). Il secondo è contenuto nelle due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio "Zeno". Pertanto ci si affida a delle interpretazioni. Due sono quelle ricorrenti: Il mondo sarà distrutto da una "deflagrazione universale": un esplosivo collocato al centro della terra. Esso verrà fatto esplodere. Sarebbe il simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema esistenziale dell'uomo. Una seconda interpretazione sarebbe di tipo socio-politico, di impronta marxiana: quel mondo è la classe borghese che cadrà su se stessa.

Brano tratto da Wikipedia (voce Italo Svevo)

Eugenio Montale, "La coscienza di Zeno"

Nasce cosi il romanzo moderno, un romanzo da accettarsi non per questo o quel frammento, ma da accogliersi come organismo, in funzione di vita e di umanità; il libro fatto di parole dette da uomo a uomo e nelle quali la nostra vita di tutti i giorni possa riconoscersi con immediata rispondenza. Il libro non si risolve in lirica pura, non addita personaggi-simbolo e non pretende di imporre sistemi di vita sbalorditivi. La Coscienza di Zeno è l’apporto della nostra letteratura a quel gruppo di libri, ostentatamente internazionali che cantano l’ateismo sorridente e disperato del novissimo Ulisse: l’uomo europeo. Le borghesi figure di Svevo sono ben cariche di storia inconfessata, eredi di mali e di grandezze millenarie, scarti ed outcasts di una civiltà che si esaurisce in se stessa e si ignora. L’imbecillità dei personaggi di Svevo è dunque un carattere proprio dei protagonisti di cotesta nostra epoca turbinosa. Questo Zeno è stato chiamato un romanzo di psicoanalisi caricaturale e il suo protagonista è una sorta di Charlot borghese. Ma come esiste un’altra faccia di Charlie Chaplin (e non gaia), così c’è un fondo ne La Coscienza di Zeno, un sottosuolo doloroso e squallido: in questo presentare il riso e il pianto come la doppia faccia di una sola medaglia, in tale rischiosa, sempre pericolosa e sempre rinnovata coincidenza di opposti.

James Joyce, Lettera a Italo Svevo

Victoria Palace Hotel, 6 rue Blaise Desgoffe,
Parigi, rue de Rennes 30 gennaio 1924

Caro amico,
[...]Grazie del romanzo con la dedica. Ne ho due esemplari anzi, avendo già ordinato uno a Trieste. Sto leggendolo con molto piacere. Perché si dispera? Deve sapere ch'è di gran lunga il suo migliore libro. Quanto alla critica italiana non so. Ma faccia mandare degli esemplari a stampa a
M. Valéry Larbaud...
M. Benjamin Crémieux...
Mr T.S. Eliot, Editor...
Mr F.M. Ford...
Parlerò o scriverò in proposito con questi letterati. Potrò scrivere di più quando avrò finito. Per ora due cose mi interessano: il tema: non avrei mai pensato che il fumare potesse dominare una persona in quel modo. Secondo: il trattamento del tempo nel romanzo. L'arguzia non vi manca e vedo che l'ultimo capoverso di Senilità, "Sì, Angiolina pensa e piange ecc..." ha sbocciato grandemente alla chetichella.
Tanti saluti alla Signora se si trova costì. Spero avremo il piacere di veder loro fra breve.
Una stretta di mano.
James Joyce

In Lettere, a cura di G. Melchiori, Milano, Mondadori 1974, p. 417-418. La lettera è scritta in italiano da James Joyce a Italo Svevo per ringraziarlo della copia con dedica del romanzo "La coscienza di Zeno", ora conservata nella Biblioteca di New York, a Buffalo.

Italo Svevo, Lettera a Giuseppe Prezzolini

Dopo la pubblicazione della Coscienza passai due brutti anni finché non ebbi la fortuna di trovare quei generosi Francesi che veramente mi stupirono con la decisione del loro giudizio
Lettera a Giuseppe Prezzolini, 21 novembre 1925

Bibliografia su Italo Svevo

Italo Calvino, Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 1995
Il caso Svevo: guida storica e critica, a cura di Enrico Ghidetti, Roma-Bari, Laterza, 1984
Alberto Cavaglion, Italo Svevo, Milano, B. Mondadori, 2000
Lettere a Italo Svevo. Diario di Elio Schmitz, a cura di Bruno Maier, Milano, Dall'Oglio, 1973
Brian Moloney, Italo Svevo narratore : lezioni triestine, Gorizia, Libreria editrice Goriziana, 1998
Matteo Palumbo, Il romanzo italiano da Foscolo a Svevo, Roma, Carocci, 2007
Enrico Ghidetti, Italo Svevo. La coscienza di un borghese triestino, 2. ed., Roma, Editori riuniti, 1992
Beatrice Stasi, Svevo, Bologna, Il Mulino, 2009
Italo Svevo, Carteggio con J. Joyce, E. Montale, V. Larbaud, B. Crémieux, M.A. Comnène, V. Jahier, a cura di Bruno Maier, Milano, Dall'Oglio, 1978
Italo Svevo, La coscienza di Zeno, a cura di Tommaso di Salvo, Bologna, Zanichelli, 1990
Italo Svevo, Racconti e scritti autobiografici, edizione critica con apparato genetico e commento di Clotilde Bertoni, Saggio introduttivo e Cronologia di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori, 2004
Italo Svevo, Teatro e saggi, edizione critica con apparato genetico e commento di Federico Bertoni, Saggio introduttivo e Cronologia di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori, 2004
Livia Veneziani Svevo, Vita di mio marito (stesura di Lina Galli) con altri inediti di Italo Svevo, nuova ed. a cura di Anita Pittoni, Trieste, Edizioni dello Zibaldone, 1958